IL DIRITTO DI VISITA NELL'ERA DIGITALE - Appunti dalla conferenza tenuta dall'Avv. Salvatore Timpanaro

 

 

IL DIRITTO DI VISITA
NELL'ERA DIGITALE 
E NELL'AMBITO DEL NOVELLATO ARTICOLO 155 DEL CODICE CIVILE”


A distanza di 3 oltre anni dall’entrata in vigore della legge 8 febbraio ‘06 n. 54
L’ISTITUTO DELL’AFFIDAMENTO CONDIVISO
introdotto come una rivoluzione dall’impatto dirompente nel nostro diritto di famiglia, sembra ormai acquisito nel comune sentire come una conquista ormai consolidata, una realtà indiscussa, un dato di fatto. 
L’istituto:
ha nucleo fondamentale dell’istituto: Disgregazione del rapporto coniugale I genitori devono mantenere inalterato il proprio paritetico ruolo genitoriale: “nulla di più ovvio”.
è apicalmente incentrato
Distinzione : coppia coniugale coppia genitoriale
Crisi della coppia incidere sulla prima coppia e quanto meno sulla seconda


La nuova normativa – a tre anni dalla sua entrata in vigore - si presta a numerosi spunti di riflessione 
TITOLO DEL MIO INTERVENTO ringraziamenti
“ IL DIRITTO DI VISITA
NELL'ERA DIGITALE 
E NELL'AMBITO DEL NOVELLATO ARTICOLO 155 DEL CODICE CIVILE”
Diritto di visita concerne – si inscrive nell’ambito del Regime di affidamento della prole (è un aspetto del regime di affidamento)
Ordinamento giuridico FENOMENO da disciplinare FAMIGLIA (legittima o di fatto) IN FASE DI DISGREGAZIONE, destrutturazione
Nel contesto di questa disciplina particolare rilievo assume il

REGIME DI AFFIDAMENTO DELLA PROLE
(affidamento MONOGENITORIALE, congiunto, alternato, CONDIVISO)

sotto il profilo storico e della evoluzione normativa il discrimine è rappresentato dalle riforme degli anni ‘70

Definizioni e contenuti: prima e dopo le riforme degli anni ‘70

A) PRIMA DELLE RIFORME degli anni ‘70

Il modo più efficace ripercorrere l’iter delle riforme e per sintetizzare l’evoluzione normativa e del costume è attraverso una reminescenza 
CELEBRE RICORDO LETTERARIO
Anna Karenina lascia il marito per l’amante: “perde” così anche il figlio, che resta con il padre; alla fine all’eroina di Tolstoj non resterà altra scelta che il suicidio. 

Questo era proprio il contesto socio-giuridico dei tempi: 
la donna che giungeva alla “infamia” di distruggere la famiglia legittima non solo era dichiarata “colpevole” della separazione, ma anche – e soprattutto - non aveva diritto all’affidamento dei figli, sui quali – peraltro – solo il padre esercitava la potestà (si chiamava patria potestà).

Assetto normativo dell’affidamento dei minori a seguito della dissoluzione della famiglia in Italia
si è retto, dall’epoca napoleonica sino alle riforme degli anni settanta pressoché sui medesimi principi.
D’altronde, fino al 1970, vigeva il principio della indissolubilità del matrimonio: unico rimedio, in ipotesi di insanabile contrasto tra i coniugi, era la separazione, che poteva essere però chiesta solo per le ipotesi di colpa tassativamente indicate.
Il codice civile del 1865, e pressoché similmente quello del 1942, prevedevano che il giudice doveva stabilire a quale genitore dovessero essere affidati (“tenere presso di sé”) i figli, senza indicare alcun criterio di riferimento.
Nella prassi, l’affidamento, in particolare dei più piccoli, era disposto in favore della madre salvo che la separazione venisse dichiarata per sua colpa, specialmente per adulterio, EQUAZIONE: giudizio negativo sulla condotta e la personalità del coniuge responsabile della disgregazione dell’unità familiare = equivalente inidoneità al compito educativo.

B) ….E DOPO LE RIFORME

L’introduzione del divorzio (1970) prima e la riforma del diritto di famiglia (1975) poi, oltre ai numerosi interventi della Corte Costituzionale, hanno radicalmente modificato il diritto di famiglia italiano. 
Da qui anche un nuovo assetto del regime di affidamento incentrato sul principio della tutela esclusiva dell’interesse dei minori: 
prassi i minori, in genere vengono affidati alla madre – generalmente ritenuta più idonea ai compiti di cura della prole – con diritto per la stessa di percepire dall’altro coniuge un congruo (proporzionale all’entità delle risorse economiche) assegno di mantenimento – diritto di visita.
RIFACIMENTO MODERNO-RIVISITAZIONE DI ANNA KARENINA 
vedrebbe la protagonista– alla stregua dei principi “socio – giuridici” introdotti dalla nuova riforma sul diritto di famiglia - non più togliersi la vita, gettandosi sotto il famoso treno, quanto piuttosto partire in carrozza di prima classe, grazie al mantenimento fornito dal marito, con compagno e figlio al seguito…
L’AFFIDAMENTO MONOGENITORIALE
Art.155 cod. civ. ANTE RIFORMA così recitava 
“Il giudice che pronuncia la separazione dichiara a quale dei coniugi i figli sono affidati e adotta ogni altro provvedimento relativo alla prole, con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale di essa (1° comma).
In particolare, il giudice stabilisce la misura e il modo con cui l’altro coniuge deve contribuire al mantenimento, all’istruzione e all’educazione dei figli, nonché le modalità di esercizio dei suo diritti nei rapporti con essi (2° comma)”.
Ebbene non v’è chi non s’accorga di come, sotto l’egida astrattamente nobile dell’interesse morale e materiale della prole, in realtà, ….in trasparente filigrana ….la scelta monogenitoriale si traduca in un retaggio della visione che nega la centralità del minore nella vicenda familiare, considerandolo non come soggetto bensì come oggetto della separazione, costretto a subire le conseguenze di una vicenda processuale instaurata e condotta da altri.
Diritti diritto di visita del coniuge non affidatario
…………………………………………………….
Scelta monogenitoriale ha perpetrato il consolidamento di un 
assetto parentale basato sull’antitesi 
SCHEMA 
GENITORE AFFIDATARIO = genitore della quotidianità, genitore della routine quotidiana, investito da auctoritas (rigido e gravato dalla potestà e dalla responsabilità di dover dire di no)
GENITORE NON AFFIDATARIO = genitore del week-end - il genitore “buono”, che accondiscende e vizia il figlio. 
Aggiornamento – scambio di esperienze - Dato esperienziale 
Fino al 2006 tale era l’assetto privilegiato, risultando pressocché disapplicati gli altri regimi di affidamento già vigenti: affidamento congiunto-affidamento alternato

L’AFFIDAMENTO CONGIUNTO
a) Il dato normativo (novella del 1987 alla legge sul divorzio): l’applicabilità anche alla separazione
presupposto della novella è che separazione e divorzio non sono eventi distruttivi ma processi modificativi delle forme delle relazioni parentali e che dunque coppia non più coniugale restasse comunque coppia genitoriale, 
Su questa impostazione si innestava l’affidamento congiunto.
Affidamento congiunto: il termine stesso congiunto indica ai componenti del nucleo familiare le modalità delle reciproche interazioni: “a mani giunte”.
L’istituto introdotto nel nostro ordinamento dalla novella del 1987 alla legge sul divorzio, era così previsto “Ove il tribunale lo ritenga utile all’interesse dei minori, anche in relazione all’età degli stessi, può essere disposto l’affidamento congiunto o alternato (art. 6, 2° comma legge div.)”. 
Non se ne dubita – né dubitava - l’applicabilità anche alla separazione, almeno in via analogica (perché altrimenti non si sarebbe giustificata la disparità della situazione della prole tra separazione e divorzio). 
L’essenza dell’affidamento congiunto – similmente come oggi l’affidamento condiviso - è riposta nella corresponsabilizzazione dei genitori separati o divorziati i quali, adottata una linea comune nell’educazione del minore, si impegnano a realizzarla entrambi contemporaneamente e quotidianamente senza vincolare il minore a una prolungata convivenza con uno di loro. 
L’istituto, pertanto, risponde ad una logica associativa dei poteri sul minore, e dà pieno rilievo agli apporti educativi e affettivi delle figure sia materna che paterna (mentre l‘affidamento esclusivo ne marginalizza una in un ruolo esterno di vigilanza).
Ai fini dell’affidamento congiunto, si affermava, per prassi, che i presupposti applicativi fossero: 
1. La ricorrenza tra i coniugi, nonostante la crisi della loro unione, di un’identità di vedute e di strumenti di attuazione quanto all’allevamento e assistenza della prole, senza rischi di tensioni e sovrapposizioni di ruoli. 
2. La richiesta concorde di siffatto regime da ambedue i genitori;
3. La vicinanza tra le abitazioni familiari o quanto meno l’ubicazione nella stessa città
Contesto ottimale – forse anche troppo ideale – contesto - corretta gestione della separazione, senza significativi interventi del giudice: 
Siffatte condizioni sono risultate solo teoriche, espressione di una visione ideale dei rapporti coniugali e post coniugali, ma di difficilissima realizzazione pratica: identità di vedute, assenza di contrasti, massimo spirito di collaborazione sono difficilmente rinvenibili anche in coppie in costanza di unione coniugale…figurarsi quando l’armonia viene meno… 

L’AFFIDAMENTO ALTERNATO

L’affidamento alternato comporta una convivenza alternata del figlio presso i due genitori, ciascuno dei quali nel periodo di convivenza esercita per intero la potestà: la convivenza può essere paritaria (un periodo con un genitore, un altro con l’altro, ma in tal modo si rischia di negare la necessaria stabilità) o disuguale (es. l’anno scolastico con la madre, le vacanze con il padre).
Nell’affidamento alternato sono i figli che ruotano intorno ai genitori andando nel mondo prima dell’uno e poi dell’altro: i contesti educativi corrispondenti ai due genitori sono estranei e non si fondono, il minore si deve adattare nel mondo genitoriale in cui si trova.
L’istituto, pochissimo utilizzato nella pratica (in genere con riferimento a coniugi che vivono in località diverse, anche all’estero), ha suscitato perplessità proprio con riferimento alla sua rispondenza all’interesse dei figli, paventandosi, infatti, il rischio che l’alternarsi di abitudini, mentalità, organizzazioni diverse e in conflitto tra loro potesse disorientare e nuocere all’equilibrio psicofisico dei minori.

L’AFFIDAMENTO CONDIVISO: rivoluzione o mera petizione di principio?
L’art.155 c.c. come sostituito dalla riforma così recita 
( Provvedimenti riguardo ai figli ) 
“Anche in caso di separazione personale dei genitori, il figlio minore ha il diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con ciascuno di essi, di ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi e di conservare rapporti significativi con gli ascendenti e con parenti di ciascun ramo genitoriale. 
(…), il giudice che pronuncia la separazione personale dei coniugi (…) Valuta prioritariamente la possibilità che i figli restino affidati ad entrambi i genitori (…)determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore (….) La potestà genitoriale è esercitata da entrambi i genitori. Le decisioni di maggior interesse per i figli relativi all’istruzione, l’educazione ed alla salute sono assunte di comune accordo tenendo conto delle capacità, dell’inclinazione naturale e delle aspirazioni dei figli. In caso di disaccordo la decisione è rimessa al giudice. Limitatamente alle decisioni su questioni di ordinaria amministrazione, il giudice può stabilire che i genitori esercitino la potestà separatamente. 
In termini pedagogici si direbbe VISIONE PUEROCENTRICA
FAMIGLIA SISTEMA SOLARE - Rivoluzione copernicana - 
Ciò che, sin da una prima rapida lettura, emerge, con dirompente evidenza, è il radicale cambiamento della prospettiva dalla quale prende le mosse la riforma; il minore diviene davvero punto di riferimento centrale, come “il sole attorno al quale ruota tutto il sistema solare della famiglia e cioè i due genitori” ed oggi gli ascendenti e parenti. 
Nel nuovo impianto normativo, l’affidamento condiviso diventa la regola generale: la separazione dei coniugi, il venir meno della convivenza e la lacerazione della famiglia non possono comportare il venir meno del rapporto parentale
Coppia coniugale – separazione di coniugi
Coppia genitoriale – NO - separazione di un genitore dai figli
nemmeno in presenza di forti conflittualità tra i coniugi 
e persino quand’anche gli stessi vivano lontano (persino in città distanti centinaia di Km). 
Và preservato inalterato in capo al minore l’ineludibile diritto a mantenere un rapporto continuato e continuativo non solo con ciascuno dei genitori, ma con gli ascendenti ed i parenti di ciascuno. 
Principio quest’ultimo che più appare concretamente innovativo, introducendo a chiare lettere il diritto - sancito e tutelato giuridicamente – in capo a tutti i legami familiari “ascendenti e parenti di ciascun ramo genitoriale” di mantenere significative relazioni affettive con il minore. 

Falso idolo della mente
In concreto, si comprende – e la prassi applicativa ne dà conferma - come al concetto di affido condiviso non consegua o comunque non necessariamente consegua un’equa o paritaria distribuzione dei tempi di permanenza del minore con ciascuno dei genitori che, nell’impatto dirompente della legge, ha ingenerato – tra i non addetti ai lavori - confusione tra affido condiviso, congiunto e alternato. 
Sindrome del “figlio vagabondo” – fenomeno del ping pong tra due case
Le maggiori preoccupazioni in esito all’introduzione della riforma, convergevano sul timore che il figlio potesse perdere punti di riferimento logistico, fonte di sicurezza e stabilità in un momento già particolarmente delicato quale quello conseguente alla disgregazione e destrutturazione del proprio modello familiare: il timore di un aggravamento degli oneri organizzativi, il terrore di far vivere al figlio la sindrome del “vagabondo”, con una valigia sempre pronta per trascorrere periodi di permanenza più o meno lunghi dall’uno o dall’altro dei genitori (a giorni alterni o per settimane o mesi), con gravi comprensibili problematiche.
Nei lavori parlamentari, tuttavia, il dubbio viene dipanato, laddove si precisa << Il testo in esame non tende ad un’analitica ripartizione dei tempi di permanenza del minore con i genitori: nel testo unificato, affidamento ad entrambi i genitori non significa 50% del tempo del figlio con ciascun genitore, né 50% delle competenze, né ping pong tra due case, ma conservazione di una effettiva responsabilità genitoriale per entrambi i genitori, con modalità di esercizio della potestà da stabilire caso per caso >>. 
Il reale contenuto dell’affidamento condiviso si concretizza, di fatto, nella necessità che pur venuto meno il rapporto coniugale, i coniugi mantengano inalterato il ruolo e continuino ad esercitare la potestà genitoriale, seguendo la vita della prole a tutti i livelli (ordinari e straordinari) di scelte e decisioni e ciò a prescindere dall’entità dei tempi di permanenza di ciascuno di essi con la prole. 

Di ciò ne costituiscono conferma i primi provvedimenti resi dai nostri Tribunali locali, laddove lo schema generalizzato non è difforme da quello tipico-paradigmatico delle statuizioni antecedenti alla riforma, se non per lievi modiche terminologiche 
non si parla più di coniuge affidatario esclusivo, essendo entrambi i coniugi co-affidatari, bensì di genitore collocatario, ossia colui presso il quale il minore continua a vivere stabilmente
maggiore elasticità nell’individuazione dei rispettivi tempi di permanenza (es. due o tre pomeriggi infrasettimanali, in luogo di uno solo, rigidamente specificato).
Affido condiviso l’ardito programma della legge alto grado di civiltà - conflittualità
La risposta è arrivata con i riflessi delle prime concrete sperimentazioni: i provvedimenti giudiziali – recependo la lettera della legge - prevedono esplicitamente che la potestà ordinaria venga esercitata disgiuntamente in ragione dei tempi di permanenza del minore con ciascuno dei genitori. Ciò sembra poter evitare o quanto meno limitare i rischi concreti (dinanzi al persistere della conflittualità coniugale) di un vorticoso insorgere di contenzioso per qualsivoglia iniziativa che un coniuge volesse assumere, senza riuscire ad ottenere il consenso dell’altro. 
Similmente a come accadeva nel passato ed in ossequio a quanto espressamente previsto dal 3° c., art. 155 c.c., ciascuno dei genitori continua ad esercitare liberamente il proprio ruolo genitoriale – nell’ambito della sfera “ordinaria” - ogni qualvolta tiene presso di sé il minore, così come le decisioni di maggior interesse afferenti scelte di carattere educativo, scolastico, medico-sanitario, che oltrepassino l’ordinaria amministrazione, continuano a dover essere prese, di comune accordo tra i genitori. Resta salva la facoltà di rimettere al giudice le controversie in merito alle decisioni di maggior interesse per i figli relative all’istruzione, l’educazione ed alla salute che i genitori non siano in grado di assumere di comune accordo. 

Conclusione:
perplessità sulla reale portata rivoluzionaria della riforma 
La riforma il pregio di aver indotto ad articolate – e forse mai sopite – riflessioni sulle tematiche che ruotano intorno ad una realtà tanto delicata, intima quanto sfuggevole, in quanto connotata da dinamiche “irrazionali ed emozionali” che, singolarmente, il diritto è, sempre più prepotentemente, chiamato a disciplinare: LA FAMIGLIA.

CARATTERISTICA SALIENTE DELL’AFFIDAMENTO CONDIVISO 
PARITARIA CONDIVISIONE DEL RUOLO GENITORIALE

L’unica via d’uscita è entrare in una cultura della condivisione della genitorialità

IL DIRITTO DI VISITA

Articolo 155 cod. civ. 
(principio della bi-genitorialità legislatore del 2006 ha riaffermato un principio già da tempo introdotto nel nostro ordinamento . Già con la legge 27 maggio 1991 n. 176 si è ratificata e data esecuzione in Italia alla Convenzione di New York del 20.11.1989 sui diritti del fanciullo che già agli articoli 9, 10 e 18 prevedeva il principio della bigenitorialirtà)
Il testo novellato nel 2006 prevede che il giudice nel disporre l’affidamento << determini i tempi e le modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore >> fissando, altresì, la misura ed il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al loro mantenimento, alla loro cura e alla loro istruzione ed educazione.

Il cosiddetto diritto di visita non esiste più nell’ambito del nuovo articolo 155.
Vi sono due coniugi coaffidatari e la << determinazione dei tempi e delle modalità della presenza dei figli presso ciascun genitore >>.

DIRITTO DI VISITA locuzione diritto di visita, dal punto di vista semantico-terminologico richiama un senso di estraneità che mai dovrebbe connotare una relazione tra un genitore e un figlio
Espressione infelice - riduttiva

IN PASSATO – ANTE 2006

Affidamento monogenitoriale 
Genitore affidatario Genitore non affidatario “DIRITTO DI VISITA” = diritto di incontrare periodicamente i figli
- doverosità
- diritto-dovere di incontrare la prole (scopi: consentire la vigilanza da parte del genitore non affidatario; mantenere un rapporto stabile; dovere di assistenza morale e di cura)
Il giudice discrezionalità ampia nel dettare MODALITA’, TEMPI E LIMITI DI ESERCIZIO DEL DIRITTO DI VISITA 

C.d. Diritto di visita modalità con cui il genitore non affidatario esercita i suoi diritti-doveri nei confronti dei figli – derivazione, forma affievolita o ridotta per l’esercizio del fondamentale “diritto-dovere” di entrambi i genitori di mantenere, istruire ed educare la prole
Art. 30 comma I° costituzione
Art. 147 cod. civ.
Limitazioni sino alla esclusione degli incontri (pregiudizievoli)
Opportune cautele talvolta –esercizio in maniera protetta
Non potevano essere adottate statuizioni di contenuto generico insuscettibili di essere poste in esecuzione (ad es. << facoltà di visitare i figli durante il periodo scolastico e di averli con sé durante le vacanze >>
Dovere di specificare periodi, tempi, luoghi, modalità di consegna e di riconsegna 

ORA- NUOVO ARTICOLO 155 NOVELLATO DAL LEGISLATORE DEL 2006

Genitori entrambi affidatari o coaffidatari
Non c’è più un genitore affidatario/un genitore titolare del diritto di visita


Poiché il minore riferimento stabile abitativo – organizzazione coerente e adeguata alle sue necessità scolastiche e sociali

Genitore affidatario collocatario genitore coaffidatario non collocatario

Il giudice dovrà fissare i tempi e le modalità attraverso le quali garantire la frequentazione del genitore non collocatario/affidatario 


Il giudice dovrà organizzare la vita del minore tenendo conto
- degli impegni lavorativi dei genitori;
- della vicinanza-lontananza delle rispettive abitazioni
- della loro disponibilità 


ORIGINALE DECISIONE DEL TRIBUNALE DI NICOSIA
Decisone innovativa Accolta la richiesta di un padre separato che ha ottenuto il riconoscimento del << diritto di visita on line >> ai figli. 

(Nell’ambito di un AFFIDAMENTO MONOGENITORIALE) SCHEMA CLASSICO 
Genitore affidatario diritto di visita del genitore non affidatario
Per la prima volta in Italia un Tribunale ha riconosciuto al genitore non affidatario, oltre alle normali visite, il diritto a tenere contatti visivi via internet, due volte la settimana, con i figli affidati alla madre.

Il Tribunale di Nicosia - decreto reso ex art. 710 cod. proc. civ., - in sede di revisione delle condizioni di separazione consensuale. 
Con il decreto, depositato il 22 aprile 2008, il Tribunale in composizione collegiale – Presidente Dagnino; Estensore Sepe -, primo in Italia, si pronuncia in tema di comunicazione telematica tra genitori e figli. 
Il singolare ed innovativo provvedimento - adottato dai giudici nicosiani per la prima volta in Italia - ha fatto il giro di tutte le principali testate giornalistiche e radiotelevisive nazionali: la notizia è stata riportata sul TG 5 e su RAI UNO, su Rai Tre, in prima pagina su La Stampa di Torino, su Il Corriere della sera, La Repubblica, Libero, Il Sole24 ore, Il Messaggero. Il precedente giurisprudenziale, inoltre, è ora sulle maggiori riviste giuridiche: su Guida al Diritto (n. 22 del 31 maggio 2008) come sul Foro Italiano (n. 6-Giugno 2008), Famiglia e minori (IPSOA). 

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Brevemente – La vicenda
La vicenda muove attorno ad un padre - separato consensualmente dalla moglie - i cui figli minori vengono affidati in via esclusiva, con penalizzanti modalità di esercizio del diritto di visita, alla madre. 
Il consenso a dette limitate modalità del diritto di visita viene prestato dal padre sotto la pressione di false incolpazioni di carattere penale. 
Ed, infatti, la moglie aveva denunciato l’ex marito, muovendogli accuse gravissime e lo stesso era stato tratto a giudizio per il delitto di maltrattamenti in famiglia, sia ai danni del coniuge che dei due minori (art. 572 cod. pen.).
Secondo l’ipotesi accusatoria, l’uomo li avrebbe sottoposti, per ben un decennio, dal 1994 al 2004, a maltrattamenti.

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In sede penale l’uomo riesce, tuttavia, a dimostrare presto la sua innocenza e viene assolto….(nonostante la mia difesa)
In conseguenza, quindi, della predetta assoluzione e delle oramai intollerabili condizioni della separazione in ordine al diritto di visita, il padre presentava un primo ricorso ex art. 710 per la modifica delle stesse condizioni della separazione, chiedendo la revoca dell'affidamento esclusivo della prole alla madre, l'affidamento condiviso dei minori , ai sensi del novellato art. 155 cod.civ., medio tempore entrato in vigore, e, comunque, l'ampliamento del diritto di visita dei figli con diritto di pernottamento dei minori presso la propria abitazione.
Il Tribunale, modificando le originarie condizioni concordate dai coniugi, anche alla luce della sentenza di assoluzione penale, riconosceva questa volta, con un primo decreto, un più ampio e congruo diritto di visita, che prevedeva anche dei contatti infrasettimanali.

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Detta situazione, però, mutava successivamente per effetto del trasferimento della donna e dei minori in altra città, cui conseguivano ovvie e prevedibili difficoltà per il padre di esercitare appieno il proprio diritto di incontro con i figli, così come disposto dal Tribunale.
Così, alla luce della nuova situazione, con un secondo ricorso, l’uomo chiedeva un’ulteriore modifica dei patti stabiliti in sede di omologa, la revoca dell’affidamento esclusivo e l’estensione del regime delle visite, instando, espressamente, per il << diritto di visita on line >>, al fine di instaurare un più assiduo dialogo con i figli.
In particolare nel ricorso del 1° agosto 2007 il ricorrente chiedeva espressamente al Tribunale di << prevedere e precisare il diritto di visita on line (sul web) del padre, comprendente la facoltà di collegamenti via internet, anche ogni giorno e senza prefissione di limiti orari; in subordine anche con prefissione di un massimo non inferiore a 45 minuti >>.
La richiesta – necessaria, ovviamente, a fronte della recisa opposizione della madre – veniva in seno al ricorso << giustificata dall’esigenza di mantenere, comunque, vivo il rapporto con la figura genitoriale del padre, consentendo congrui contatti telefonici e prevedendo anche la possibilità di collegamenti via internet >>. 
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Il Tribunale nel suo decreto del 22 aprile 2008 preliminarmente risolve due importanti questioni procedurali: la prima in tema di sospensione feriale dei termini e la seconda in punto di rapporti tra il reclamo proposto ex art. 739 c.p.c. ed il ricorso ex art. 710.
Quanto alla prima questione i giudici precisano, respingendo l’eccezione proposta dalla resistente, l’inapplicabilità al procedimento in corso dell’articolo 3 della legge 742/69 sulla sospensione dei termini processuali, vertendosi in materia di diritti della personalità, connessi al rapporto genitoriale, pregiudicabili da un rinvio in periodo post feriale.
Decisione affatto condivisibile sol che si consideri che << i bimbi sono la merce più deperibile >>. 

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Per quel che qui rileva, il Tribunale << circa la richiesta di visitare i figli mediante collegamento in video-ripresa su internet, osserva che nulla osta a una simile forma di comunicazione, purché il ricorrente metta a disposizione dei minori, a sue spese, idonea apparecchiatura sopportando, sempre a sue esclusive spese, i relativi costi di gestione del collegamento >>. 
Precisano, inoltre, opportunamente i giudici, recependo sul punto quanto esattamente rilevato e richiesto dal ricorrente, che << tale forma di comunicazione, non è comunque idonea a sostituire la relazione fisica tra i soggetti >>. 
Infine, tale forma di diritto di visita viene limitato << per una durata massima di venti minuti due volte la settimana >>.
Mentre quest’ultima limitazione appare forse eccessiva, è senz’altro condivisibile, invece, - per quanto intuitiva - la sottolineatura del carattere aggiuntivo e non sostitutivo del diritto di visita sul web rispetto ai normali ed ordinari incontri previsti secondo le modalità consuete e classiche.

Nel ragionamento del giudice web cam è capace di tamponare le assenze, riempire il gap tra una visita e l’altra

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In materia non risultano precedenti analoghi nella giurisprudenza del nostro Paese, ma negli Stati Uniti, dove spesso genitori separati vivono anche in stati diversi, si va facendo strada la clausola di visita sul web. Gli avvocati del Missouri, del Wisconsin, della Virginia, dell’Illinois si stanno adeguando all’idea; merito di qualche padre più tecnologicamente evoluto e di qualche legale più combattivo. Molti colleghi di oltre oceano hanno cominciato ad inserire negli accordi di divorzio l’obbligo di collegamenti via internet tra il genitore che vive lontano e i suoi figli. 
Le visite virtuali certamente non sono sostitutive né dei contatti telefonici né delle visite reali, ma possono valere a far sentire più vicino un genitore lontano.

La decisione dei nostri magistrati – innovativa per quanto riguarda l’ordinamento italiano – ha qualche illustre precedente negli Stati Uniti – distanze enormi – i separati cambiano casa cambiano spesso anche Stato.
Giornalista del Maryland, Jim Buie divorziato nel 1995 fondò un blog per “padri virtuali” e qualche anno più tardi iniziò a sperimentare virtual visitis con la webcam.

Informatico separato dalla figlia - grazie al suo attivismo infaticabile – primo stato americano a varare nel 2004 una legge che prevede insieme – non in sostituzione – agli incontri col genitore, le modalità delle visite virtuali fu l’Utah poi sono seguiti: l’Illinois, Virginia, Wisconsin, Missuri

Concludere con le parole che ebbi a scrivere in quel ricorso:

<< E’ vero che i bambini hanno bisogno di genitori in carne ed ossa, di abbracci e di sorrisi autentici; ma è pur vero – si legge nel ricorso accolto dal Tribunale - che la clausola di visita sul web consente di mantenere più forte il legame padre-figli che, altrimenti, finirebbe per sfilacciarsi >>.



CONFLITTUALITA’ NELLA SEPARAZIONE CONIUGALE: IL MOBBING GENITORIALE

La sindrome di alienazione genitoriale (o PAS: Parental Alienation Syndrome)

Le attuali regole che governano l’evento della separazione dei coniugi affrontano la crisi della coppia e le problematiche familiari in termini puramente agonali e con meccanismi di vero e proprio conflitto giudiziario. 
Si perviene, così, attraverso gli strumenti processuali, ad una “verità processuale”, con tanto di parte vincente contrapposta ad una parte soccombente.
Gli aspetti di genitorialità nelle separazioni potrebbero essere chiaramente definiti, se si potesse comprendere appieno il concetto che, nella famiglia, esistono due “entità di coppia”, distinte per diritti, doveri e responsabilità reciproche: la “coppia coniugale” e la “coppia genitoriale”. 
Il “conflitto coniugale”, quindi, non necessariamente può (o deve) scatenare anche un “conflitto genitoriale”, ed eventuali contrasti fra le due entità potrebbero essere affrontati con l'ausilio della mediazione familiare. 
Come ben sa chi ex professo si occupa di diritto di famiglia le cause matrimoniali, come, del resto, quelle ereditarie tra fratelli, sono tra le più difficili e tra quelle caratterizzate da una maggiore conflittualità. In entrambe le fenomenologie giudiziarie il conflitto non ha natura puramente economica. Vi è alla base spesso un amore tradito, quello coniugale o quello fraterno, una delusione esistenziale. 
Per governare il mondo degli affetti ci si appoggia ad un “sistema globale degli antagonismi”; a meccanismi di conflitto giudiziario. L’istituto dell’affido monogenitoriale, così largamente utilizzato nel passato con il 90% di affidamenti esclusivi alla madre, è un elemento che rafforza la prospettiva in termini di vincitore e vinto. Gli effetti della nuova legge sull'affido condiviso dei figli sono tutt'ora da verificare. Anche se l'affidamento ad un solo genitore pare, in alcune regioni italiane, una soluzione ormai residuale, esiste comunque spesso la figura di “genitore residente” o “collocatario” che spesso finisce per svuotare di significato sostanziale l’affido condiviso.
Nel contesto giudiziario e, più in generale, all'interno del “sistema globale degli antagonismi”, i figli assumono spesso il ruolo dei civili inermi in una guerra di dominio: veri sconfitti di una visione ideologica che individua un nucleo coniuge/genitore/figli nel ruolo della vittima ed il coniuge/genitore soccombente nel ruolo del carnefice, violento e crudele. 
Un distacco dalla realtà degli affetti genitoriali, che può scatenare la Sindrome di Alienazione Genitoriale quando un genitore arriva a percepire i figli come non-persone: come mezzi, cioè, per acquisire maggior potere nel conflitto, oppure come strumento per dare sfogo e soddisfazione a sentimenti di rabbia e disagio propri della sola “coppia coniugale”. 
È il passaggio all’atto, il superamento della percezione e la perdita dei confini del sé, l’uso diretto dei figli come arma nel conflitto della “coppia coniugale”, uno dei fattori che può portare all’insorgenza della PAS.
La sindrome di alienazione genitoriale (o PAS, dall'acronimo di Parental Alienation Syndrome) è una delle più gravi patologie da separazione, un disturbo psicologico che può insorgere nei figli, tipicamente a seguito del loro coinvolgimento in separazioni conflittuali non appropriatamente mediate. A dispetto della scarsa conoscenza che attualmente se ne ha in Italia, la PAS è oggetto di studio e ricerca in ambito scientifico e giuridico da oltre vent’anni nel mondo, ed è stata inizialmente descritta e sistematizzata in letteratura da Richard A. Gardner.
Richard A. Gardner definisce la PAS: « Un disturbo che insorge quasi esclusivamente nel contesto delle controversie per la custodia dei figli. In questo disturbo, un genitore (alienatore) attiva un programma di denigrazione contro l’altro genitore (genitore alienato) »
La PAS è prodotta da una programmazione dei figli da parte di un genitore patologico (genitore alienante): un lavaggio del cervello che porta i figli a perdere il contatto con la realtà degli affetti e ad esibire astio e disprezzo ingiustificato e continuo verso l'altro genitore (genitore alienato). Le tecniche di programmazione del genitore alienante, tipicamente comprendono l’uso di espressioni denigratorie riferite all'altro genitore; false accuse di trascuratezza, violenza o abuso (nei casi peggiori, anche abuso sessuale); la costruzione di una “realtà virtuale familiare” di terrore e vessazione che genera, nei figli, profondi sentimenti di paura, diffidenza e odio verso il genitore alienato. I figli, quindi, si alleano con il genitore “sofferente”; si mostrano come contagiati da questa sofferenza ed iniziano ad appoggiare la visione del genitore alienante, esprimendo, in modo apparentemente autonomo,astio, disprezzo e denigrazione contro il genitore alienato. La programmazione arriva spesso a distruggere la relazione fra figli e genitore alienato, perché i bambini arrivano a rifiutare qualunque contatto, anche solamente telefonico, con il genitore alienato. Perché si possa parlare di PAS,però, è necessario che l’astio, il disprezzo, il rifiuto non siano giustificati (o giustificabili) da reali mancanze, trascuratezze o addirittura violenze del genitore alienato.
La diagnosi di PAS si basa sull’osservazione di otto sintomi primari nel bambino. 
1) Il primo sintomo è la campagna di denigrazione, nella quale il bambino mima e scimmiotta i messaggi di disprezzo del genitore alienante verso l'altro genitore. In una situazione normale, ciascun genitore non permette che il bambino esibisca mancanza di rispetto e diffami l'altro. Nella PAS, invece, il genitore programmante non mette in discussione questa mancanza di rispetto, ma può addirittura arrivare a favorirla.
2) Il secondo sintomo è la razionalizzazione debole dell'astio, per cui il bambino spiega le ragioni del suo disagio nel rapporto con il genitore alienato con motivazioni illogiche, insensate o, anche, solamente superficiali. Ad esempio, come scrive Gardner: "non voglio vedere mio padre perché mi manda a letto troppo presto", oppure "perché una volta ha detto cazzo".
3) La mancanza di ambivalenza è un ulteriore elemento sintomatico, per il quale il genitore rifiutato è descritto dal bambino come "tutto negativo", mentre l'altro genitore è visto come "tutto positivo". 
4) Il fenomeno del pensatore indipendente indica la determinazione del bambino ad affermare di essere una persona che sa pensare in modo indipendente, con la propria testa, e di aver elaborato da solo i termini della campagna di denigrazione senza influenza del genitore programmante.
5) L’appoggio automatico al genitore alienante è una presa di posizione del bambino sempre e solo a favore del genitore alienante, in qualunque genere di conflitto si venga a creare.
6) L’assenza di senso di colpa è il sesto sintomo: questo significa che tutte le espressioni di disprezzo nei confronti del genitore escluso, avvengono senza sentimenti di colpa nel bambino.
7) Gli scenari presi a prestito sono affermazioni del bambino che non possono ragionevolmente venirne da lui direttamente, come l'uso di parole o situazioni normalmente non conosciute da un bambino di quell'età per descrivere le colpe del genitore escluso.
8) Infine, l’ottavo sintomo è l'estensione delle ostilità alla famiglia allargata del genitore rifiutato, che coinvolge nell'alienazione la famiglia, gli amici e le nuove relazioni affettive (una compagna o un compagno) del genitore rifiutato.
L'instillazione incontrollata di PAS è una vera e propria forma di violenza emotiva, capace di produrre significative psicopatologie sia nel presente che nella vita futura dei bambini coinvolti. Gravi psicopatologie quali: esame di realtà alterato; narcisismo; indebolimento della capacità di provare simpatia ed empatia; mancanza di rispetto per l’autorità, estesa anche a figure non genitoriali; paranoia; psicopatologie legate all’identità di genere. 
Come qualunque altra patologia, anche la PAS può presentarsi, nel momento diagnostico, con differenti livelli di gravità (PAS di grado lieve; di grado moderato; di grado grave) a seconda dell’intensità e dell’efficacia della programmazione. È responsabilità del terapeuta scegliere l’approccio adeguato: a seconda di quanto appropriata sarà (o meno) la terapia scelta, la PAS potrà infatti evolvere: nel senso risolutivo (scomparsa dei sintomi e remissione completa); nel senso migliorativo (con sollievo sintomatologico e remissione parziale); nel senso di una stabilizzazione (in costanza di gravità della sintomatologia); nel senso peggiorativo (aggravamento della patologia, fino allo stato di “morte vivente” – Gardner - della relazione fra genitore alienato e figlio). 
L’arma migliore, come per qualunque patologia, risiede però nella prevenzione: nella definizione di nuove regole del gioco. E’, infatti, l’attuale sistema sociale di gestione del conflitto coniugale a creare il problema che vuole risolvere: l’unica via d’uscita è entrare in una cultura della condivisione della genitorialità: una cultura al momento fortemente ostacolata nel suo esprimersi, proprio dalle regole (e alcune volte anche dagli operatori) di un sistema che vive e guadagna del conflitto che vuole risolvere.


FOCUS


Nella famiglia, esistono due “entità di coppia”, distinte per diritti, doveri e responsabilità reciproche: la “coppia coniugale” e la “coppia genitoriale”. 
Il “conflitto coniugale”, quindi, non necessariamente può (o deve) scatenare anche un “conflitto genitoriale”



La PAS è « Un disturbo che insorge quasi esclusivamente nel contesto delle controversie per la custodia dei figli. In questo disturbo, un genitore (alienatore) attiva un programma di denigrazione contro l’altro genitore (genitore alienato) »


Nel contesto giudiziario e all'interno del “sistema globale degli antagonismi”, i figli assumono spesso il ruolo dei civili inermi in una guerra di dominio


L’unica via d’uscita è entrare in una cultura della condivisione della genitorialità

 

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